Manuale TEV

Esistono dei fattori di rischio o delle condizioni che predispongono allo sviluppo di una trombosi venosa e/o di un’embolia polmonare?

Diverse malattie si sviluppano quando delle cause esterne o ambientali o acquisite si sovrappongono ad una predisposizione a sviluppare la malattia su base genetica e quindi sempre presente ma che da sola generalmente non è sufficiente per provocare la malattia. In altri casi una causa esterna può essere sufficiente a causare un danno mentre più raramente una causa genetica o ereditaria è sufficiente per provocare la malattia. Nel caso del TEV tutti questi scenari si possono presentare.
Approssimativamente in metà dei pazienti che hanno avuto un episodio di TEV non è possibile identificare una causa in grado di provocare la malattia; in questi pazienti si pensa che la predisposizione di base abbia un ruolo significativo anche se non è ancora possibile individuare il fattore o i fattori causali.
Negli altri casi si possono identificare dei fattori di rischio acquisiti o su base genetica, spesso associati fra loro. Conoscere quali sono i fattori di rischio principali può essere molto utile perché permette di adottare, quando possibile, delle misure di prevenzione che possono evitare la comparsa della malattia.
Possiamo provare a dividere i diversi fattori di rischio in categorie: segnaliamo innanzitutto i fattori di rischio individuali, legati cioè alla persona stessa; alcuni di questi non possono essere modificati, come l’età avanzata, storia di precedenti episodi di trombosi venosa e/o embolia polmonare, la presenza di una trombofilia ereditaria, cioè di una o più varianti genetiche in grado di predisporre in modo più o meno intenso allo sviluppo del TEV; da notare che fortunatamente le più frequenti varianti genetiche aumentano solo di poco il rischio di TEV e hanno bisogno di altri fattori di rischio per provocare la malattia; molto raramente esistono delle varianti genetiche in grado di sviluppare malattia. Esistono poi alcune trombofilie acquisite, la più importante delle quali è la sindrome da anticorpi antifosfolipidi causata dallo sviluppo di anticorpi diretti contro i fosfolipidi delle membrane cellulari, che hanno la capacità di provocare la formazione di trombi sia nelle vene sia nelle arterie. Fattori di rischio individuali ma potenzialmente correggibili sono l’immobilizzazione prolungata, il peso corporeo eccessivo (obesità), il diabete, l’ipertensione arteriosa, bassi valori di colesterolo buono (HDLCT), una storia di malattie cardiovascolari.
Esistono poi dei fattori di rischio legati ad eventi esterni al pazienti, come un intervento chirurgico, una trauma, alcune malattie acute, soprattutto quando associate ad una immobilizzazione temporanea, tumori maligni; alcuni interventi chirurgici sono a rischio elevato di sviluppare TEV, altri hanno un rischio più basso. I traumi e le fratture importanti sono ad elevato rischio di TEV, i traumi più banali hanno un rischio più basso. Fa le malattie acute a rischio di TEV sono da segnalare le infezioni, lo scompenso cardiaco, l’insufficienza respiratoria, la setticemia, l’ictus con paralisi, le malattie reumatiche acute e la malattia ( acuta o cronica) infiammatoria intestinale. Come si può facilmente intuire, molte di queste malattie richiedono le cure in ospedale e proprio in ospedale i pazienti sono spesso costretti a letto per diversi giorni: questo è un tipico esempio dell’associazione di più fattori di rischio. Naturalmente anche i pazienti che sono trattati a casa per le stesse malattie hanno un discreto di rischio di TEV. La presenza di un tumore maligno aumenta il rischio di sviluppare trombosi venosa e/o embolia polmonare; alcuni tumori maligni hanno un rischio più elevato di altri; la chirurgia dei tumori e la chemioterapia possono contribuire ad aumentare ulteriormente il rischio di TEV. Quando è presente un fattore di rischio legato ad un evento esterno, il medico deve sempre considerare l’opportunità di un trattamento preventivo con farmaci o con tecniche non farmacologiche.
Esistono infine dei fattori di rischio che possiamo descrivere come legati all’individuo, alla donna in questo caso, ma che sono temporanei: ci riferiamo alla gravidanza e al periodo che segue il parto e all’uso di contraccettivi orali, terapia ormonale sostitutiva e pratiche di fecondazione artificiale. Non riteniamo opportuno trattare in questo “manualetto” l’argomento che deve eventualmente essere affrontato durante una visita medica presso il proprio ginecologo di fiducia, medico di medicina generale o medico esperto di trombosi. Basti sapere che in queste circostanze esiste un generico aumento del rischio di TEV, che di solito non richiede trattamenti particolari tranne che in alcuni casi che devono ovviamente essere ben conosciuti dal medico: ad esempio trombofilia già nota, precedenti episodi di TEV, obesità, immobilizzazione, età materna avanzata, infezioni, preeclampsia ed altre malattie acute ricorrenti; in tutti questi casi il colloquio con il ginecologo di fiducia e gli eventuali consulenti esperti di trombosi è ovviamente raccomandabile.
In conclusione desideriamo ricordare ancora che il medico ha il compito di soppesare i diversi fattori di rischi eventualmente presenti sia nell’individuo sano che nel paziente che ha già avuto uno o più episodi di TEV. Così facendo egli potrà calcolare grossolanamente il rischio complessivo di sviluppare un primo episodio o un nuovo episodio di TEV e decidere se consigliare un trattamento preventivo o curativo specifico.
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