Tromboembolismo venoso, trombosi venose, embolia polmonare: cosa bisogna sapere.
Nel linguaggio comune si usa spesso il termine flebite come sinonimo di trombosi di una vena, più spesso di una vena superficiale della coscia e della gamba. Da alcuni anni le più autorevoli Società Scientifiche Internazionali hanno raccomandato di usare termini alternativi per descrivere un evento trombotico venoso (malattia tromboembolica venosa –MTEV – o tromboembolismo venoso – TEV-) e ciò per una serie di ragioni.
Dal vocabolario etimologico della lingua italiana : flebite = gr. PHLEBITIS da PHLEPS – genit. PHLEBOS – vena, da una radice BHLA, PHLA, che tra gli altri ha il senso di “ gonfiare” , e terminazione ITE usata nella scienza medica per indicare stadio acuto di un affezione. In sintesi Infiammazione della membrana interna delle vene. È spesso usato anche il termine “tromboflebite” mentre il termine “flebotrombosi” è ora meno usato ma è più neutro poiché significa sostanzialmente presenza di trombi in una vena. Il legame fra trombosi ed infiammazione è ben noto dall’antichità e, recentemente, la ricerca scientifica più rigorosa ha dimostrato che questo legame è importantissimo, ma in modi molto più sottili rispetto a quanto ritenuto in passato e comunque spesso totalmente slegati dalla comparsa dei tipici disturbi da infiammazione.
È questo sostanzialmente il punto sul quale è stato ritenuto necessario fare chiarezza e raccomandare l’uso di nomi diversi per questa malattia: la presenza di disturbi chiaramente infiammatori sofferti dal paziente durante lo sviluppo di una trombosi rappresenta un caso particolare: esistono effettivamente trombosi fortemente associate ad infiammazione e sono quelle legate a tossicità chimica (il tipico caso dello stravaso ematico durante infusione di farmaci per via endovenosa) e quelle, frequenti, legate alla presenza di vene varicose.
Ma esistono altre trombosi che si sviluppano in modo addirittura silente o provocano principalmente sintomi diversi (il più classico è il gonfiore dell’arto al di sotto del punto di occlusione) e queste sono quelle che più facilmente provocano un distacco di frammenti trombotici con successiva migrazione nel cuore e nei polmoni (embolia venosa). Di converso, non tutte le flebiti sono associate alla presenza di trombosi in atto (ad esempio alcune vasculiti). Inoltre, con il termine di MTEV o TEV sì è anche voluto far ben comprendere che in molti casi la complicanza embolica di una trombosi venosa è così frequente (fino al 50% dei casi nelle trombosi profonde prossimali degli arti inferiori) da farla considerare una manifestazione della stessa malattia (trombo-embolica appunto) e ciò può accadere, fortunatamente in misura minore, anche per alcune “tromboflebiti” superficiali, quelle per intenderci legate alla presenza di trombosi delle vene superficiali degli arti inferiori, associate frequentemente alle vene varicose.